5 Aug 2025
La nuova normativa sui crediti d’imposta per Ricerca & Sviluppo ha cambiato le regole del gioco. E le imprese devono attrezzarsi ora per evitare di giocare una partita persa in partenza.
Negli ultimi mesi, il binomio credito R&S - contenzioso fiscale è tornato al centro dell’attenzione, con una serie di novità legislative che, se da un lato promettono chiarezza, dall’altro moltiplicano i rischi per le aziende che non si sono già mosse in direzione della conformità.
Il D.lgs. 87/2024 e il più recente Atto di Indirizzo MEF n. 18/2025 hanno ridefinito i criteri di legittimità del credito R&S, rendendo la categoria del “credito inesistente” una trappola insidiosa: ora basta la mancanza di un singolo requisito formale o sostanziale – anche uno solo – per innescare un accertamento fiscale retroattivo di 8 anni, con sanzioni fino al 70%.
L’Agenzia delle Entrate è pronta ad attaccare anche da un altro angolo. La legge esclude dal perimetro R&S le modifiche ordinarie o periodiche, anche se migliorative. Se un upgrade tecnologico viene ritenuto poco significativo, si cade nell’ambito delle attività escluse. Tradotto: credito non solo non spettante, ma inesistente.
È un cambio di paradigma che non lascia spazio all’improvvisazione. La semplice validità tecnica non basta più. Oggi serve una documentazione robusta, tracciata, certificata e “opponibile”.
Il primo livello di difesa è una relazione tecnica asseverata, che racconti e documenti l’incertezza iniziale, il percorso sperimentale, il superamento della “ordinaria amministrazione”.
Ma attenzione: è solo un primo passo. Per trasformare la difesa in uno scudo legale e amministrativo riconosciuto, serve la certificazione tecnica ex art. 23 DL 73/2022, rilasciata da soggetti terzi iscritti all’Albo MIMIT.
La certificazione:
Aspettare che sia l’Agenzia delle Entrate – magari tra due anni – a decidere se un’attività è “significativa” o “ordinaria”, significa cedere il controllo del futuro fiscale dell’impresa.
Stefano Coletta